domenica 17 maggio 2015

Primal Scream @ Danforth Music Hall - Toronto

15 maggio 2015

Esattamente a quindici giorni di distanza dai The Jesus and Mary Chain anche i Primal Scream fanno un salto in citta', (anzi, in Citta') e cosi' nel giro di due settimane ho potuto vedere in faccia tutti gli autori di Psychocandy. E devo dire che in effetti anche solo a guardarli in faccia si capisce perche' Bobby Gillespie abbia abbandonato le pelli dei fratelli Reid per dedicarsi anima e corpo all'avventura da cantante. Ma andiamo con ordine.

Questa volta faccio parte di un gruppo di sole donne, io e altre due: una di loro ha almeno cinque anni meno di me, l'altra almeno venti di piu', ma mi sento molto piu' a mio agio con loro che con il gruppo improvvisato per  J&MC, a n-esima dimostrazione (come se ce ne fosse ancora bisogno) del fatto che l'anagrafe a volte e' poco piu' che un fatto burocratico.

Entriamo nello spazio concerti e questa volta sono io a guidare il gruppo in direzione del palco: la folla non e' ancora particolarmente ammassata e guadagno senza fatica la terza fila, proprio davanti a Innes. Il gruppo spalla ha gia' suonato (saranno almeno le 20:30... ah gli orari nordamericani... il mio pensiero vola con un sorriso a Padova) e i tecnici stanno gia' sistemando il palco per gli scozzesi: scenografia scarna se non inesistente, due o tre Marshall davanti a me, la batteria al centro del palco, l'ampli del basso laggiu' sulla destra, fumo in quantita' standard, anzi, oserei dire medio-bassa: la musica di sottofondo e' un allegro rockablilly che mette gia' dell'umore giusto.

Presto tutto tace e su un urlo primordiale entrano i quattro e attaccano subito con "2013": ottima e potente apertura per un concerto che promette grandi cose. Da qui in avanti e' tutta un'esplosione, una danza estatica, un saltellare battendo le mani a ritmo: noi, Gillespie, noi. Si passa da "Can't go back" a "Jailbird", poi "Accelerator" seguita da "Kill all hippies". Disco-punk senza tregua, non ci si puo' fermare, si continua con "Burning wheel" e poi "Shoot speed". No, non ce la faccio piu': vabbeh che ho smesso di fumare, corro, mi muovo esclusivamente in bici e tiro calci tre volte a settimana, ma questo e' troppo. E lo capiscono anche loro tant'e' che spezzano con "Damaged", ma poi si ricomincia con versioni ultra-potenziate di "Higher than the sun" e "Autobahn 66".
Gillespie salta qua e la', braccia tese verso il cielo e verso il pubblico, Innes suona con una naturalezza imbarazzante, Duffy c'e', non lo vedo ma si sente eccome, Mooney e' un metronomo instancabile e Butler laggiu' pare sexy perfino a me.
E balliamo tutti, balliamo, saltiamo, battiamo le mani, sudiamo senza posa. E loro continuano a fendere l'aria con "Swastika eyes" e "Country girl", per finire con "Movin' on up", che e' tutta un urlo, un salto, un'emozione.

Pausa.
Ci voleva proprio la pausa adesso: per fortuna sono allenata, altrimenti temo che domani non avrei un solo muscolo a posto. Nei pochi minuti a disposizione mi viene naturale tentare un confronto con i J&MC; estremamente inglesi anche questi, ma in modo profondamente diverso: la' dove quelli sono intellettuali e ricercati, rivolgendo il loro caos verso l'interno piu' profondo della loro mente, questi sono energia pura e incarnano perfettamente lo spirito punk tradotto in linguaggio moderno. No, e' ovvio che i loro percorsi artistici dovevano separarsi.

Pochi minuti, dicevo, e si riparte gentilmente con "I'm loosing more", quel tanto di respiro che serve prima di caricare "Loaded" e spararcela contro. Poi un omaggio e un regalo: una splendida cover disco-punk di "Cold turkey", un omaggio riverente a quella volta in cui fu regalata al pubblico, proprio in questa incredibile citta', anzi, Citta'.
Il gran finale e' quindi lasciato a "Rocks", in un susseguirsi di salti e battiti di mani e sudore. Tripudio: Innes lancia una manciata di plettri verso di noi e la piu' giovane delle mie compagne riesce ad agguantarne uno (Fender medio). Mentre i tecnici smontano il palco mi avvicino per guardare meglio e rimedio anch'io il mio trofeo.



Sono stanca morta quando finalmente salgo sul pullman e riprendo la strada di casa, bastano pochi metri di autostrada per farmi addormentare.

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